Da Raffaello a Shiele: dal 17 settembre 2015 al 7 febbraio 2016, al Palazzo Reale di Milano, i capolavori del museo di belle arti di Budapest
Da Raffaello a Schiele inaugura una nuova “linea espositiva” a Palazzo Reale di Milano: la
realizzazione di mostre delle più importanti collezioni museali di tutto il mondo non sempre
note al grande pubblico e non sempre accessibili.
Al Museo di Belle Arti di Budapest (Szépmű vészeti Múzeum) è conservata una ricca raccolta
di opere d’arte, una delle più belle al mondo, con capolavori che vanno dal Medioevo al
Novecento. In occasione di Expo Milano 2015, 76 opere della collezione lasceranno
Budapest per essere esposte nelle sale di Palazzo Reale a Milano dal 17 settembre 2015 al
7 febbraio 2016.
Tra queste, 8 disegni si alterneranno - per motivi conservativi - ad altrettante opere su carta
durante il corso dell'esposizione; insieme a 4 bozzetti in bronzo, i disegni costituiscono tutti
lavori preparatori di dipinti e sculture di grandi artisti del passato come Leonardo, Rembrandt,
Parmigianino, Annibable Carracci, Van Gogh, Heintz e Schiele.
Un'occasione unica per ammirare un’accurata selezione di opere del più importante museo
della capitale ungherese e per fare un viaggio nella storia dell'arte dal Cinquecento al
Novecento. Raffaello, Tintoretto, Durer, Velasquez, Rubens, Goya, Murillo, Canaletto,
Manet, Cezanne, Gauguin e tantissimi altri grandi artisti saranno presenti con opere
straordinarie come la bellissima Salomé di Lukas Cranach il vecchio, Giaele e Sisara di
Artemisia Gentileschi, le Sirene di Rodin e i Tre pescherecci di Monet. E ancora la
Maddalena Penitente di El Greco, il Paesaggio di Lorrain, la Coppia di sposi di van Dyck
e il San Giacomo di Tiepolo.
La mostra, promossa dal Comune di Milano - Cultura, è prodotta e organizzata da Palazzo
Reale di Milano, Arthemisia Group e 24 ORE Cultura - Gruppo 24 ORE, in collaborazione
con il Museo di Belle Arti di Budapest e il Museo Nazionale Ungherese, ed è curata da
Stefano Zuffi.
“Dopo il grande successo dell’evento dello scorso Natale che ha visto il museo ungherese
prestare eccezionalmente la Madonna Esterházy di Raffaello per il consueto appuntamento
d’arte a Palazzo Marino, che propone ogni anno un focus su singoli capolavori di grandi artisti,
la mostra conferma la collaborazione tra il Comune di Milano e il Museo di Budapest - ha
dichiarato l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno. Una prestigiosa collaborazione
internazionale che contribuisce ad arricchire il palinsesto di ExpoinCittà, offrendo a milanesi e
visitatori un’occasione preziosa per conoscere la storia dell’arte europea e le radici della
nostra cultura”.
La mostra segue l’articolazione del grande museo ungherese e il corpus delle opere racconta,
sala dopo sala, “la grande bellezza” dell'Arte, offrendo così al pubblico un museo “ideale”, in
cui ammirare le meraviglie del Cinquecento, Seicento e Settecento passando per l'Età
barocca, il Simbolismo e l'Espressionismo, giungendo fino alle Avanguardie.
IL MUSEO DI BELLE ARTI DI BUDAPEST
Il Museo di Belle Arti di Budapest conserva una tra le più importanti collezioni di dipinti del
mondo, con opere che coprono un arco di tempo che va dal Medioevo al Novecento e tutte le
principali scuole europee.
Il Museo apre al pubblico nel 1906, grazie al primo nucleo di opere acquisito dalle donazioni e
dai lasciti di nobili e prelati ungheresi tra Settecento e Ottocento.
Nel 1848, cessati i moti rivoluzionari indipendentisti, Lajos Kossuth (1802, Monok, Ungheria -
1894, Torino) eroe e padre della patria ungherese si prodiga per l'ampliamento della
collezione. Il suo fine era creare un tesoro nazionale che certificasse la legittimità
dell'Ungheria per stare sullo stesso piano delle grandi nazioni europee.
La politica di ampliamento, attraverso donazioni e acquisti, non ha sosta: l'innesto più
importante avviene nel 1870, quando la famiglia dei principi Esterházy vende al governo la
sua straordinaria raccolta di oltre 600 dipinti.
Bombardato e saccheggiato dalle truppe naziste durante la seconda guerra mondiale, ha
successivamente recuperato nel dopoguerra le opere trafugate. L'ampliamento delle collezioni
continua con il governo comunista del Paese: giungono così ad arricchire il Museo opere di
Poussin, El Greco, Monet, Corot e altri ancora.
LA MOSTRA
La ratio del concetto espositivo del Museo di Belle Arti di Budapest - frutto del desiderio di
definire un'identità culturale autonoma che mette in dialogo l'arte ungherese con le diverse
tendenze internazionali grazie ad opere cariche di significato - è riproposta all'interno del
percorso espositivo che vuole essere la sintesi di una parte della Collezione del Museo stesso.
La prima sala (dedicata all'Alto Rinascimento italiano) è irraggiata dalla luminosa bellezza
della Madonna Esterhazy di Raffaello (ca. 1508), gioiello di armonia e purezza che torna
quindi a Milano. Entusiasmante ed eloquente è il confronto con le incalzanti passioni di
Leonardo da Vinci, espresse nei disegni - come Studio di testa per la battaglia di Anghiari
(1503-1504) - e in un memorabile bronzetto con un cavallo impennato. Accanto, di assoluta
suggestione, è il dipinto mitologico di Lorenzo Lotto Apollo dormiente e le Muse (ca. 1549).
La seconda sala dedicata alla pittura della Serenissima, celebra l'apogeo della scuola veneta
nel corso del XVI Secolo. La Cena in Emmaus di Tintoretto (ca. 1542) - opera spettacolare e
grandiosa per la coraggiosa e innovativa composizione, la luce e la stesura del colore -
troneggia accanto ai tre ritratti virili dipinti da Tiziano, Veronese (Ritratto di uomo, ca. 1555) e
Moroni (Ritratto di un ufficiale di Venezia, ca. 1570-78), per un confronto ravvicinato tra
grandi dell'arte. Accanto, perché storicamente collegato alla scuola veneta, è il genio solitario
di El Greco, presente con due tele di fosforescente luminosità quali Maddalena Penitente
(1576-1577) e San Giacomo Minore (ca.1595-1600).
Nella terza sala (il Rinascimento in Europa) sono messi a confronto dipinti di diverse scuole:
fiamminga, italiana e soprattutto tedesca, a cavallo della Riforma luterana. La bellissima
Salomé di Lukas Cranach il vecchio (1530) - con il suo inconfondibile fascino sensuale e
insidioso - risplende accanto al Ritratto di giovane di Albrecht Dürer (ca. 1500 - 1510), opere
che segnano il cuore dell'arte europea del primo Cinquecento.
Una serie di dipinti di soggetto sacro di Altdorfer (Crocifissione, ca.1518), van Heemskerck
(Compianto sul Cristo morto, ca. 1540-45), e Bronzino (Adorazione dei pastori, 1539-
1540) illustrano in modo affascinante l'evoluzione del significato dell'arte sacra nell'Europa tra
Riforma e Controriforma.
Con la quarta sala che narra del primo Seicento si entra nella spettacolare parte della mostra
dedicata all'arte barocca. La scena ruota intorno alla realistica e umanissima Scena di osteria
di un Velazquez ancora palesemente sotto l'influsso di Caravaggio. Siamo nel 1618 circa.
Importante poi il confronto ravvicinato con Rubens di cui sono esposte due opere: una grande
tela ispirata alla storia romana (Muzio Scevola davanti a Lars Porsena, ca. 1618-20) e
un'espressiva testa di uomo barbuto a testimoniare il suo talento debordante.
Sempre in questa sala il drammatico Giaele e Sisara di Artemisia Gentileschi (1620) - dove
Sisara è rappresentato, come sempre nelle opere dell'artista di questo periodo, con il volto di
Agostino Tassi - e l'affascinante Fanciulla addormentata (ca. 1610-20), il cui autore resta
tuttora un mistero.
La quinta sala (L'età barocca) allarga lo sguardo ad altre scuole del Seicento europeo. La
luminosità mediterranea di uno stupendo Villa nella campagna romana di Claude Lorrain (ca.
1646) è un saggio del solare classicismo francese, confrontato con la nordica franchezza dei
ritratti di Frans Hals e di Anthony van Dyck quali Ritratto di uomo (1634) e Coppia di sposi
(ca. 1620); la dolce Sacra Famiglia dello spagnolo Murillo propone un saggio importante di
pittura devota e insieme di affetti domestici. In questo contesto, il tratto personalissimo
dell'inarrivabile Rembrandt nel disegno Saskia van Uylenburgh seduta accanto a una
finestra (tra il 1635 e il 1638) porta una nota di struggente intensità.
La sesta sala (Il Settecento) è dominata da un dipinto spettacolare: il San Giacomo Maggiore
il vittorioso di Giambattista Tiepolo (1749-50), splendente di diffusa luminosità. La scuola
veneziana, autentica dominatrice della scena artistica del Settecento europeo, è
rappresentata ai massimi livelli dalle vedute di Canaletto e Bellotto (rispettivamente La chiusa
di Dolo, 1763 e Piazza della Signoria a Firenze, 1740), e dalla sensuale Betsabea al
bagno di Sebastiano Ricci (1724).
Sempre in questa sala sono messe a confronto tre opere di Goya: un brillante ritratto
femminile (Ritratto di Manuela Ceán Bermúdez, ca. 1790-93) e due piccole e intensissime
tele dedicate al lavoro quali la Portatrice d'acqua (ca. 1808-12) e L'arrotino tra 1808 e il
1812.
Al centro la presenza inconsueta e accattivante dello Sbadiglio di Franz Xaver
Messerschmidt (1771-1783) racconta l'arte uno dei più bizzarri scultori di tutti i tempi.
Il Simbolismo internazionale è il tema conduttore della settima sala dove saranno esposti
diversi protagonisti ungheresi, come Joszef Rippl-Ronai con il grande e bellissimo ritratto di
Donna con gabbia di uccelli (1892), o Janos Vaszary, la cui Età dell'Oro del 1898 evoca le
atmosfere sognanti della Secessione, condivise anche dal viennese Maximilian Lenz (Un
Mondo, 1899). Appassionante il confronto tra le opere di tema classico di Armold Böcklin
(Centauro, 1888), Franz von Stuck (Il bacio della Sfinge, 1895) e Auguste Rodin (Sirene,
bronzo, 1888) accanto al riferimento al simbolismo italiano, con Segantini e il bozzetto per
l'Angelo della vita (1894-95).
L'ultima sala (dall'Impressionismo alle Avanguardie) raccoglie una serie di opere di pittura e di
grafica tra il secondo Ottocento e il primo Novecento. Spiccano due tele di grande importanza
storica: la Donna con il ventaglio di Edoaurd Manet (1862, in cui è ritratta Camille, la moglie
di Monet) e la meravigliosa Credenza (1877), esemplare natura morta di Paul Cézanne. Il
Picnic in maggio di Pal Szinyei Merse (1873) affianca le opere di Monet (Tre pescherecci,
1886), Van Gogh (Giardino in inverno a Nuenen, 1884) e Gauguin (Maiali neri, 1891).
Uno straordinario acquarello di Egon Schiele Due donne che si abbracciano del 1915,
carico di nervosa interiorità, conclude il percorso dell'esposizione a chiusa di cinque secoli di
grandi opere.